Fallimento e calcio: gironi scritti da libri contabili

26.08.2017 09:30 di  TL Redazione   vedi letture
Fallimento e calcio: gironi scritti da libri contabili
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© foto di Federico Gaetano

Sino alla fine del vecchio millennio il fenomeno era praticamente sconosciuto. L’Italia era un posto felice, ricco e benestante: per gli immigrati che sbarcavano nel Belpaese in cerca di fortuna, per chi voleva investire nel calcio col tentativo di far soldi. Ci sono riusciti in tanti, forse troppi ed in modi che oggi scopriamo esser stati non del tutto leciti. La fine dei vari Cragnotti, Tanzi, Gaucci, Cecchi Gori ed altri padri-padroni capaci di portare in auge le rispettive realtà calcistiche e non, salvo cadere in disgrazia anni dopo, quando dalla polvere sono emerse tutte le malefatte sulle quali si sono costruiti anni di successi. Chi ne ha raccolto le ceneri ci ha messo lustri interi per risollevare le sorti di alcuni dei maggiori club a livello nazionale ed internazionale.

Il Latina Calcio è solo l’ultimissimo esempio di grande società che si era costruita in anni ed anni un progetto ed una reputazione tale da emergere dalle serie inferiori, sino a sfiorare la Serie A con i playoff disputati pochissime stagioni fa. Dal paradiso all’inferno nel giro di tre anni, la bancarotta, il fallimento: una nuova società ed una nuova denominazione, ma soprattutto la caduta sino alla Serie D. La squadra laziale non è riuscita a salvarsi dalla cattiva gestione di chi negli anni ha portato alla rovina un piccolo sogno coltivato dalla tifoseria neroazzurra, col rischio di falsare un intero campionato cadetto se fosse stata assegnata la sconfitta a tavolino per ciascuna delle partite lo scorso anno disputate. Un’ipotesi scongiurata, ma che non può lenire l’amarezza di una città intera.

Negli ultimi dieci anni è stata un’ecatombe di nobili decadute, per motivi economici e nei casi peggiori, per calcioscommesse. Piazze come Parma, Siena, Cosenza, Arezzo e Messina capaci di scrivere pagine importanti del calcio italiano recente e costrette a ripartire dal calcio minore a causa di una pessima gestione di chi era a capo delle rispettive società. Ed è così che calendari, gironi e partite vengono decise in tribunale più che da promozioni e retrocessioni. Non è più solamente il campo a parlare, i confini del prato verde si sono drasticamente allargati sino a raggiungere banche e palazzi di giustizia.

Il potere di acquisto è sempre più in mano a quei pochi in grado di dominare il calcio mondiale: una crisi che ha reso ancor più poveri chi già lo era, allargando la forbice rispetto a chi invece investe cifre spropositate dalla dubbia provenienza. Il fair play finanziario nel corso dell’ultima sessione di mercato è stato definitivamente delegittimato dall’azione del Psg per acquistare Neymar: l’eventuale arrivo di Mbappè fungerebbe da KO finale all’idea di un calcio e di un’economia del pallone giusta, equilibrata e soprattutto meritocratica.